DDL 735 intervento di Tiziana Arsenti al Senato per MFPG

#DDL735
intervento di Tiziana Arsenti al Senato della Repubblica per MFPG

INTRODUZIONE

In ricordo di Ethan

Prima di iniziare il mio intervento vorrei dedicare un pensiero ad Ethan, il ragazzino di Genova che il 24 settembre scorso si è lanciato nel vuoto davanti agli occhi della madre. I genitori di questo ragazzino si erano separati. Un tribunale lo aveva allontanato dal padre, come è prassi, nonostante il grande attaccamento verso il genitore, da sempre accudente e perbene. La madre ostacolava gli incontri, anche quando era il turno paterno.

Ethan aveva solo 13 anni. Il suo nome in ebraico significa “perenne”, “che vive a lungo”. Il sacrificio di questo innocente deve diventare occasione per tenere sempre vivo il suo ricordo e per far sì che non ci siano mai più vite spezzate dei figli dei genitori separati di oggi e di domani.

I media hanno archiviato rapidamente la notizia parlando di crisi adolescenziale, di un gesto “covato nel cuore da tempo”. Qualcuno, invece, bontà sua, ha accennato alle sofferenze per la separazione dei genitori, per l’allontanamento forzato dal padre, ma di fatto tutti si sono guardati bene dall’approfondire questa dolorosa vicenda.

Oggi tutti si affannano a suon di grida, molte volte anche a sproposito, sul problema delle separazioni e degli affidi dopo una separazione. Tra coloro che ne dibattono e ne discutono in tutte le sedi (istituzionali e non), c’è chi cinicamente “tira per la giacchetta” i bambini dalla propria parte, facendone un uso strumentale a sostegno di un gioco sporco, finalizzato essenzialmente a blindare interessi che nulla hanno a che fare con i bisogni e i diritti dei figli di genitori separati. Bisogni e diritti da anni ignorati e calpestati da un sistema che, adesso, porta sulla coscienza la vita spezzata di Ethan.

Presentazione MFPG – Universo femminile che non è solo quello delle madri.

Il nostro movimento è una aggregazione spontanea di persone di sesso femminile, composto da donne coinvolte a vario titolo in una separazione coniugale: ex mogli o ex compagne che hanno allevato i loro figli con sacrificio e dignità lavorando; figlie alle quali, durante l’infanzia, è stata negata la figura paterna; nuove compagne o seconde mogli che, ogni giorno, condividono con il loro uomo le amarezze, le angherie ed i ricatti cui costui è quotidianamente (e, spesso, ingiustamente) sottoposto; nonne e zie alle quali, da un giorno all’altro, è stata crudelmente tolta la possibilità di vedere i propri adorati nipoti; madri e sorelle di padri separati che hanno “toccato con mano” lo strazio e il dolore dei loro cari.

Oggi scendiamo in campo a sostegno della Bigenitorialità e del DDL 735 che richiama al suo interno punti espressi nel contratto di Governo.

Siamo donne che pensano alle donne e NON si ergono a tutrici delle donne, a ben guardare una sostanziale differenza al giorno d’oggi. Se l’Italia è un paese dove le donne non riescono ad avere un lavoro, il prezzo di questo divario non può e non deve ricadere solo su alcuni soggetti. In altri termini, il problema della scarsa occupazione femminile non può essere risolto con il Diritto di Famiglia!

Ci chiediamo piuttosto il silenzio assordante degli ultimi anni mentre i diritti delle lavoratrici (e dei lavoratori) venivano distrutti ed il welfare pubblico si assottigliava sempre di più. Il tutto sempre a spese della famiglia, ovviamente, lasciata sola con i propri crescenti problemi, unita o separata che fosse.

Ci domandiamo pertanto, e sarebbe logico dedurlo, se non abbia fatto comodo a tanti, a troppi, che si creasse un welfare “privato ed occulto”, totalmente a carico di alcune categorie di privati cittadini.

La parità genitoriale va colta, ora ed adesso, perché conduce verso la tanto ambita emancipazione femminile, la suddivisione dei carichi familiari di accudimento si riverbererà necessariamente in ogni campo, principalmente in quello lavorativo, dove uomini e donne potranno finalmente essere considerati alla pari. Se le donne verranno sostenute, anche dallo Stato, con interventi mirati di welfare familiare, come accade oggi in regione Lombardia, aumenterà la possibilità di conciliare il lavoro con la famiglia, e questo a prescindere che i genitori siano separati o meno. Ed i figli non potranno non giovarsene.

Potrebbe essere l’inizio di una rivoluzione copernicana, un cambio di passo culturale di proporzioni epocali. Le capacità ed i talenti femminili potranno finalmente essere liberi di esprimersi cosicché l’ingresso di un maggior numero di donne nel mondo del lavoro retribuito non potrò che far crescere il benessere del paese, dando forse una nuova spinta alla natalità.
Inutile rivendicare l’emancipazione femminile se poi non si vuole o non si è in grado di gestirla.

CRISI DELLA FAMIGLIA E FABBRICA DEI DIVORZI: IL DIVORZIFICIO

Se quasi cinquant’anni fa il giurista Arturo Carlo Jemolo, con espressione che fece epoca, sosteneva che la “famiglia è un’isola che il mare del diritto dovrebbe solo lambire”, oggi invece si può affermare che la prassi giuridica in tema di separazione coniugale, divorzio e affidamento dei figli minori abbia invece contribuito non poco a sommergerla“.

Vediamo cosa accade ancora oggi nei Tribunali e negli studi degli avvocati, dove la “fabbrica dei divorzi” si muove secondo una logica ferrea ed univoca, da catena di montaggio. Dai fatti raccontati risulta con chiarezza quanto sia opportuno che tutti gli operatori di questo settore avvocati, magistrati, consulenti ed operatori rivedano i loro modi di pensare e di agire.

Perché appare chiaro che ancora oggi la realtà del divorzio è coperta dalla nebbia dei pregiudizi ideologici e dei luoghi comuni. Esattamente come la nebbia che copriva l’iceberg al quale si avvicinavano gli ignari passeggeri “che ballavano sul ponte del Titanic“.

Le situazioni di conflitto tra coniugi esistono da quando esiste la famiglia. Cioè, dalla notte dei tempi, in ogni civiltà che sia mai sorta su questa terra, senza alcuna eccezione. Nella nostra società occidentale, così evoluta ed emancipata, oggi sarebbe possibile affrontare questi conflitti con un grado di tutela per il coniuge più debole che ancora cinquant’anni fa ‘quando ancora si discuteva dell’esistenza di un “diritto di correzione” del marito nei confronti della moglie sarebbe stato inconcepibile. E invece, piuttosto che cercare un modello di società che sappia garantire in modo più avanzato l’alleanza naturale tra uomo e donna, padre e madre, l’Occidente divorzista ha costruito un perfetto sistema che mette i due sessi l’uno contro l’altro, sacrificando i figli ed esaltando le ragioni egoistiche dell’uno e dell’altro. In fondo, per chi sa osservare la realtà senza pregiudizi, basterebbe un minimo di esperienza per capire che in definitiva la gente oggi divorzia così facilmente soltanto perché può farlo. Così, i luoghi comuni si sono trasformati “non solo per gli interessati” ma anche per i loro avvocati e per tutti gli altri “operatori del sistema” nei criteri di fondo che rendono assai prospera e apparentemente invincibile la fabbrica dei divorzi.

In sintesi, possiamo dire con certezza che la teoria del divorzio come male minore, nella maggior parte dei casi, rappresenta solo un falso pregiudizio per offrire un alibi alla coscienza di chi quel divorzio lo vuole, così come delle altre persone che vengono coinvolte. Però è proprio quel pregiudizio che attira milioni di persone e i loro figli nel tritacarne divorzista. Il più delle volte, senza che alcuno di essi riesca mai a incontrare, dall’inizio della crisi, fino ai suoi esiti più rovinosi, qualcuno che sia in grado di offrire in modo credibile un’alternativa o un aiuto. O almeno, “come si diceva in precedenza, che sia in grado di dirgli qualche “no”, che poi è il principio di ogni percorso educativo.

Perché, alla fin fine, si tratta solo di un problema di “educazione”.

Il DDL 735

Noi riteniamo che questo disegno di legge tenti di andare nella giusta direzione ovvero quella di individuare un nuovo equilibrio, correggendo storture e dolorose disparità che da decenni affliggono i separati/divorziati e che mettono a rischio la serenità e la salute dei figli. Quei figli che hanno come diritto inalienabile – nel loro esclusivo interesse morale e materiale – a ricevere amore e attenzione dai loro genitori, dai loro nonni, dai loro zii – di entrambi i rami genitoriali – a da tutte quelle figure di riferimento con cui nel tempo hanno instaurato legami profondi di affetto e fiducia.

La salute psico-fisica dei figli è imprescindibile dalla continuità degli affetti, dalla parità di genere, dalla dignità delle persone e da un’equa condivisione dei carichi familiari.

I genitori separati/divorziati sono oramai giunti al capolinea: da un lato ci sono molte, troppe madri relegate tra le quattro mura domestiche e costrette a ruoli di cura; dall’altro ci sono “i padri bancomat”, “i padri in auto/alla Caritas” ed infine “i padri ad ore”. Poi ci sono quelli a cui viene addirittura impedito di frequentare i figli.

Noi sosteniamo il diritto dei minori ad una bigenitorialità vera e reale, non come è stata finora. Riteniamo infatti inalienabile e connaturato al fanciullo il suo diritto assoluto di poter godere liberamente dell’affetto e delle cure della propria madre e del proprio padre, anche in seguito alla rottura della relazione – breve o lunga che sia stata, sancita o meno da un matrimonio, accompagnata o no da sentimenti – dei suoi genitori.

I minori, sempre, anche quando i genitori si separano, hanno un solo bisogno e un solo diritto: avere vicino a sé papà e mamma. Entrambi.

Certo, non più nella misura del 100% visto che da separati non è più possibile, ma in una misura il più vicino possibile alla pariteticità dei tempi di frequentazione. Null’altro. Tutto il resto è vociare di adulti, il più delle volte in malafede che “dimentica” che il diritto dei minori alla bigenitorialità è un diritto inalienabile ed insostituibile tutelato dalle varie Convenzioni internazionali oltre che da quella italiana. Ed è per questo che noi appoggiamo ogni possibile riforma della disciplina delle separazioni ed affidi che finalmente garantisca nella sostanza ad ogni figlio la più piena ed equilibrata bi-genitorialità quale principio assoluto e di partenza, mai negoziabile né sottoposto alla discrezionalità di chicchessia, da cui far discendere poi ogni altra considerazione.

USCIAMO DALLE IDEOLOGIE

In quasi tutta Europa la battaglia per i tempi paritetici la hanno fatta le donne e per di più di sinistra.

Segolène Royale, già compagna di Hollande, 4 figli, in Francia.

Madame De Onkeelynx, socialista, in Belgio.

Le socialdemocratiche svedesi in Svezia.

Perché loro, sinistra veramente europea a differenza della nostra, hanno capito che maggior presenza dei padri accanto ai figli significa più libertà di relazione, di impresa, di vita politica, di occupazione per le donne. Cioè la vera emancipazione femminile!

Le femministe di destra dicono che il DDL 735 affosserà il matrimonio (e perché mai?), mentre quelle di sinistra sostengono che questo disegno di legge bloccherebbe i divorzi (in che modo?). Le femministe laiciste gridano allo smantellamento delle unioni civili mentre le femministe confessionali ripetono che con l’affido condiviso avremo “Genitore 1 e Genitore 2”.

Tutte insieme affermano che questo DDL 735 sarebbe contro le donne…ma se si va a leggere nel testo leggiamo:

  1. la violenza è causa di esclusione dell’affido condiviso
  2. il mantenimento diretto è su base proporzionale al reddito
  3. l’assegno per l’ex coniuge non viene toccato.

Per noi, in questo DDL le ideologie non hanno trovato albergo. Questa legge, infatti, non vuole usare né gli occhiali dei padri né quelli delle madri, ma semplicemente guardare il mondo con gli occhi dei bambini, stanchi di dover scegliere se stare con mamma o con papà.

Bisogna uscire dalle ideologie marxiste della “lotta di classe” tra padri capitalisti e madri proletarie che hanno portato una generazione di padri bancomat e di madri lasciate vergognosamente sole a crescere i loro figli.

I principi ed i valori degli affidamenti realmente condivisi dovrebbero essere trasversali, abbracciare tutte le componenti politiche, al di là della casacca indossata in Parlamento. Sono principi e valori che devono esulare dalla propria appartenenza politica, scevri da tifoserie contrapposte come in una partita di calcio. Qui il tifo dovrebbe essere unidirezionale, si parla dei propri figli e del loro futuro da adulti.

Per quanto concerne la c.d. alienazione genitoriale. Certo che l’alienazione riguarda chiunque. Se i collocamenti fossero al 50% anche le alienazioni probabilmente si ridurrebbero in proporzione.

Il problema è che i protocolli dei CAV prevedono solo donne vittime di uomini in ambiente domestico. Se si analizza una parte del fenomeno perché il resto si rifiuta di prenderlo in considerazione poi non si può spacciare quel dato parziale come dato che descrive la totalità del fenomeno “violenza”. E’ una fallacia in partenza. E questo genera un “effetto domino di informazioni distorte.

STESSI DETRATTORI DELLA 54/2006 – CORSI E RICORSI STORICI

All’epoca, dopo anni di dibattiti, audizioni, emendamenti e polemiche dentro e fuori il Parlamento fu approvata la legge 8 febbraio 2006, n. 54. Il giudice della Corte di Appello di Napoli Bruno De Filippis, che lavorò sul testo di quella legge, parafrasando una famosa storica frase disse: “L’affido condiviso è fatto, ora bisogna fare gli affidatari”. Voleva intendere che la legge ora c’era ma bisognava aiutare i genitori a scoprire quel buon senso, quel rispetto dei figli, prima ancora che dell’ex coniuge, che fino a quel momento erano mancati.

Quella proposta di legge subì alterne vicende sempre caratterizzate, però, da una forte opposizione trasversale delle parlamentari e in genere da parte delle donne, che ritenevano penalizzanti per la madre alcuni articoli della proposta (per esempio quello che sostituiva, in linea generale, l’assegno per i figli con un assegno “per capitoli di spesa”, ossia ognuno dei genitori si faceva carico di un particolare campo: salute, scuola, svago…).

Allo stesso tempo si delineava anche una forte opposizione da parte dell’avvocatura, che non riteneva possibile un affidamento congiunto (o condiviso che sia), come pure all’ipotesi di una mediazione familiare ancora non ben definita (pubblica o privata, volontaria o obbligatoria…).

Di tutt’altro tenore, invece, le numerose associazioni di padri separati che rivendicavano di poter continuare a frequentare i figli nella loro quotidianità, di poter esercitare in pieno il proprio ruolo paterno e non quello riduttivo di genitore ludico o “di visita”.

Nel momento del varo della nuova riforma qualche magistrato la definì “epocale”, dal momento che quella legge avrebbe garantito finalmente il “supremo interesse del minore” ad una genitorialità condivisa ed affermava con una frase storica che la potestà genitoriale sarebbe stata esercitata da entrambi i genitori”. Prima di allora entrambi i genitori mantenevano la titolarità della potestà genitoriale mentre restava in capo al genitore affidatario l’esercizio della potestà genitoriale, che così di fatto prendeva tutte le decisioni, non solo quelle quotidiane ma anche quelle di maggior rilievo.

Anche allora, come oggi per il DDL 735, le diversità di opinioni avevano creato una forte spaccatura tra avvocati della famiglia ed il mondo associativo coinvolgendo giudici, psicologi, assistenti sociali e mediatori familiari.

I padri separati avrebbero voluto una forma più cogente, più restrittiva di applicazione dell’affido condiviso: il loro timore era che così facendo si lasciava comunque spazio alla discrezionalità del giudice che, se contrario a questa forma di affidamento, poteva argomentare con una certa facilità.

Qualcuno osservava che il giudice sarebbe stato costretto a rivolgersi più spesso ai periti, comportando un aggravio di spesa per le parti e un allungamento dei tempi giudiziari. È vero che la legge prevedeva la possibilità di proporre reclamo alla Corte di Appello contro la decisione del giudice ma era anche vero che questo rischiava di intasare le Corti di Appello già oberate di lavoro, oltre a dilatare ancora una volta i tempi del giudizio. E in questo genere di questioni la rapidità della decisione è essenziale per ridurre al minimo i danni che dalla separazione possono venire ai minori.

Altri punti fortemente contestati dalle donne erano quelli che stabilivano il venir meno dell’assegnazione della casa coniugale in caso l’assegnatario non abitasse o cessasse di abitare stabilmente nella casa familiare o convivesse more uxorio o contraesse nuovo matrimonio, come pure quello relativo all’assegno di mantenimento versato direttamente ai figli maggiorenni, “salvo diversa determinazione del giudice”.

La mediazione familiare fu un altro punto dolente. Mentre i promotori e i sostenitori della legge erano favorevoli ad una forma di MF obbligatoria, psicologi, psicoterapeuti e avvocati si mostrarono contrari tanto che, alla fine, si lasciò alla discrezionalità del giudice, sentite le parti ed ottenuto il loro consenso, di poter tentare una mediazione al fine di raggiungere un accordo.

È chiaro che così la mediazione familiare rimaneva un’ipotesi assolutamente residuale e nei fatti inapplicata.

La legge 54/2006, nonostante le forti critiche ricevute, ha avuto comunque l’indubbio pregio di sancire un giusto principio: i figli nascono da due genitori e devono continuare ad avere due genitori anche quando c’è una separazione, come pure continuare a mantenere rapporti continuativi con ciascun ramo genitoriale.

Era finalmente passato il principio che non poteva esserci di fronte alla legge un genitore più importante dell’altro ma l’inapplicazione sostanziale e lo stravolgimento della norma da parte della Magistratura ci ha necessariamente portati oggi a dover rimetter mano alla norma, ricordando al Legislatore che i provvedimenti che saranno presi non potranno basarsi sul “buon senso” delle persone. Non crediamo che, ad esempio, il Legislatore renderebbe libero il possesso di armi augurandosi che “il buon senso” prevalga e che nessuno pensi di usare la sua arma impropriamente.

Serve lungimiranza e prevedere le conseguenze. Perché nel Diritto di Famiglia questo non avviene

 Chiudo con una domanda: anche agli assassini è data una seconda chance di vita, una volta scontata la pena in carcere… perché agli ex coniugi no?