25 novembre: giornata mondiale contro la violenza sulle donne

Noi del M.F.P.G. siamo nuove compagne, seconde mogli, sorelle, madri, figlie, amiche… di padri separati.
Siamo il nuovo “proletariato femminile“, invisibile ai Media, alle Forze dell’Ordine, ai Giudici, alle Istituzioni, ai Politici, ai Centri Antiviolenza.
Un’odiosa schiavitù femminile di cui però nessuno vuole prendere atto.
Il fatto di ignorarci in modo sistematico ed ipocrita è violenza sulle donne.

La nostra realtà associativa riceve, ogni giorno, drammatiche testimonianze.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – che, pur essendo disponibili a sostenere il loro compagno / marito anche nella cura dei figli avuti dalla precedente relazione, non possono farlo con la dovuta serenità.
Donne – nuove compagne o seconde mogli – vengono ritenute “figure perturbatrici” senza alcuna accurata verifica di fatto. Solo in base a meri pregiudizi e ad immotivate (quanto dannose) invidie e gelosie.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – non di rado coinvolte in false accuse infamanti dalle quali sono costrette a difendersi. La loro unica, imperdonabile, colpa è quella di avere scelto di amare un uomo separato e/o divorziato.
False accuse che ingolfano i tribunali, rallentandone l’operato e impedendo ad altre donne, quelle che davvero sono vittime di violenza, di ricevere l’aiuto necessario.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – che quando si rivolgono alle istituzioni per avere giustizia si sentono rispondere: “E’ stata una tua scelta metterti con uomo separato, lo dovevi mettere in conto“.
Donne – nuove compagne o seconde mogli – che di fatto non vengono tutelate come gli altri soggetti femminili (pur pagando le stesse tasse per accedere agli stessi servizi); donne lese nei loro diritti umani e civili.
Una simile assurda risposta da parte dello Stato è violenza istituzionale sulle donne.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – che, quando decidono di mettere al mondo dei figli con l’uomo che amano, hanno l’amara consapevolezza che questi bambini avranno meno diritti, meno tutele, meno opportunità. Che non riceveranno sostegni economici. Perché il “welfare privato” delle une lo “pagano” le altre.
Donne – nuove compagne o seconde mogli – che, alla richiesta di ricevere un adeguato supporto psicologico nel percorso di accettazione dell’arrivo di un eventuale nuovo fratello o nuova sorella, sanno già che saranno lasciate sole ad affrontare i loro problemi; perché nessuno spiegherà a chi non è in grado di capire che i fratelli e le sorelle hanno solo diritto di stare assieme (così come hanno diritto di stare con entrambi i genitori, ancorché separati) e di volersi bene, anche se la loro famiglia non è una famiglia di tipo “tradizionale” perché nel frattempo si è “allargata”.
Questa è violenza sulle donne e sui minori.
Questa è violenza sulle famiglie.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – alle quali, di fatto, non è consentito gioire con serenità della normale convivialità familiare – festività, vacanze, ricorrenze – perché, dall’altro lato, una regia malevola disturba sistematicamente questi momenti ben sapendo di “avere il coltello dalla parte del manico” per creare polemiche inutili e fare in modo che la nuova coppia / la nuova famiglia non possa godere di quella tranquillità alla quale avrebbe pienamente diritto (aggravando, così, anche i fenomeni di mobbing familiare, magari già in atto).
Questa è violenza sulle donne e sulla loro vita quotidiana familiare e/o di coppia.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – alle quali, in pratica, non è concesso avere figli (e non per motivi di salute). Infatti, l’istanza più drammatica riguarda la ricerca di una tutela per una maternità desiderata cui spesso queste donne devono rinunciare: vuoi per le carenze economiche dovute al mantenimento della ex moglie e dei figli della precedente unione (che non tiene conto dell’arrivo di un nuovo nato); vuoi – ipotesi ancora peggiore – per minacciate ritorsioni di ogni tipo sia su loro stesse (…) sia sul loro compagno, in questo ultimo caso con il più odioso dei ricatti: quello affettivo / economico a mezzo dei figli avuti dalla precedente relazione. Senza contare che gli alti livelli di stress “creati ad arte” come manovra di disturbo non agevolano sicuramente il concepimento di un figlio. E, “ciliegina sulla torta”, si deve sopportare persino di essere  sbeffeggiate con disprezzo con termini quali “sterili” o “nullipare”.
Impedire la maternità alle donne che la desiderano è violenza sulle donne.

Donne – nuove compagne – che si ritrovano ad essere letteralmente “derubate” del loro reddito poiché esso viene calcolato implicitamente nei ricorsi di certe mogli separande e/o divorziande per giustificare esose ed ingiustificate richieste di mantenimento e alimenti (persino per matrimoni durati pochissimo) pari o addirittura superiori (!) all’intero ammontare dello stipendio dell’uomo in questione.
E’ evidente che alcune donne, solo per il fatto di essere diventate madri per prime, si sentono autorizzate a vivere sulle spalle dell’ex coniuge (e anche di altre persone).
Se, infatti, alcune donne sono incredibilmente “esentate” dall’obbligo di cercarsi un lavoro, altre sono obbligate a lavorare, subire ogni genere di prevaricazione e oltretutto devono pure “stare zitte” perché devono “starne fuori”.
Sarebbe inoltre utile far notare che, alcune donne, pur avendo famiglie di origine benestanti (alle quali potersi appoggiare, olre che logisticamente, anche economicamente), si permettono (con l’avallo di avvocati e tribunali) di avanzare implicite pretese economiche nei confronti di donne che, a ben vedere, per loro sono delle “perfette estranee” (un altro tra i tanti modi con cui vengono chiamate le nuove compagne di uomini separati e/o divorziati).
Le estranee – corre l’obbligo ricordarlo – se non hanno diritti, non dovrebbero avere nemmeno doveri (sia espliciti che impliciti).
Questa è violenza economica, lavorativa, giudiziaria e sociale sulle donne.

Donne – nuove compagne o seconde mogli – che, se hanno figli, devono comunque badare a loro, svolgere i compiti domestici legati alla casa e anche lavorare (con le stesse difficoltà delle altre donne) poiché il loro compagno di vita (separato o divorziato) è rimasto senza beni e senza sufficienti mezzi di sostentamento.
In questo è evidente una pesantissima, odiosa discriminazione.
In compenso, a queste donne, non vengono concessi né benefits (retta dell’asilo scontata o gratuita) né sostegni economici (sostegno affitto, buoni scuola o altri vaucher) né sgravi (fiscali) né agevolazioni (es: accesso al gratuito patrocinio) perché si sa: l’ISEE è calcolato sul reddito nominale e non su quello disponibile, pertanto le famiglie allargate (spesso famiglie solo “di fatto”) sono solo “carne da macello” per il Fisco, ergo, per quello Stato che si accredita sempre come falsamente “tutelante per le donne”.
Tutto ciò invece ha un solo termine per essere descritto: discriminazione.
Questa è violenza fiscale sulle donne.
Questa è violenza fiscale sulle famiglie di fatto.

Donne – nonne – che non vedono più i propri nipoti e che piangono lacrime amare perché non capiscono cosa hanno fatto di male: vorrebbero solo dare un bacio ai loro pargoli prima di morire.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nonne – che sono costrette a pagare con la loro magra pensione la rata del mutuo della casa in cui ora vive la “ex nuora” (magari col suo nuovo fidanzato), mentre il loro figlio è tornato a vivere nella cameretta che aveva da adolescente.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nonne – che non vengono invitate alle comunioni e alle cresime dei nipoti. Nonne che spediscono regali di compleanno e che se li vedono “restituire al mittente” dal postino. O che vengono a sapere, da parenti, che i loro doni sono stati buttati nell’immondizia.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nonne – che, se il figlio non paga il mantenimento (magari perché nel frattempo ha perso il lavoro ed è rimasto disoccupato), rischiano di vedersi pignorare la pensione dall’ “ex nuora” perché lei, e solo lei, ne “ha diritto”.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – nonne – costrette ad andare a spiare di nascosto i nipoti fuori dalla scuola o dall’asilo, magari celandosi dietro ad un cespuglio, pur di vederli. Nonne crudelmente tenute lontano dai loro affetti manco fossero delle pericolose criminali.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – zie – che sono costrette a mendicare notizie sui loro nipoti da estranei.
Zie che soffrono per il male subito dai loro fratelli. Zie che, magari essendo madri a loro volta, non capiscono. Non riescono a capire. E che continuano a non capire.
Zie che lottano come leonesse contro le assurde ingiustizie perpetrate da istituzioni che si comportano come le tre scimmie “non-vedo-non-sento-non-parlo”.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – madri – che essendo state “alienate” dai loro figli, alla pari dei padri separati, cercano di lottare per riconquistare disperatamente quell’affetto primario che gli è stato tolto. Donne che vengono ignorate, dileggiate e persino accusate di essere parte attiva di quella “famigerata” quanto inesistente “lobby dei padri separati”.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne – madri – che quando chiedono supporto alle istituzioni, invece di trovare un sostegno, trovano un “nemico” che cerca di togliere loro i figli per metterli in una “casa famiglia”.
Anche questa è violenza sulle donne.
Anche questa è violenza sui minori.

Donne – nonne, sorelle, nuove compagne o seconde mogli di padri separati – che sono oggetto di: insulti, offese, auguri di morte, umiliazioni, minacce, aggressioni, prevaricazioni, diffamazioni, persecuzioni e villanie di ogni tipo… nell’indifferenza generale.
Anche questa è violenza sulle donne.

Donne che quando leggono certi articoli di certi giornali si chiedono in quale “universo parallelo” vivano certe avvocate, certe giornaliste, certe opinion-maker del mondo cosiddetto “femminista”.
Che per difendere non-si-sa-quali-principi non esitano a dare il via al linciaggio mediatico, operato da orde di psicopatiche facebook-dipendenti, verso altre donne. Forse queste professioniste dovrebbero vivere un paio di mesi nei panni di qualche nuova compagna o nuova moglie vessata, di qualche nonna straziata che non vede più i nipoti, di qualche madre alienata dai figli, di qualche figlia cresciuta che si accorge, una volta adulta, di essere stata allevata nell’odio e nella menzogna.
Forse avrebbero meno ideologie, in testa, e più idee utili.
Forse avrebbero una visuale a 360° del problema “violenza sulle donne”.
Forse si accorgerebbero che alcuni centri antiviolenza difendono solo alcune donne.
Forse si impegnerebbero a risolvere i problemi delle donne, di tutte le donne.
Forse, e soprattutto, ci penserebbero due volte prima di scrivere certe scempiaggini.
Forse.
Perché anche questa è stata e ancora è violenza sulle donne.

Donne che devono sopportare il continuo piagnisteo di TeleSantone e Lacrimatrici di professione che fomentano il vittimismo di genere senza alcuno scrupolo, sfruttando la sofferenza delle donne per legittimarsi a livello mediatico e/o politico esercitando una forma di violenza propagandistica non inferiore a quella di certe “logiche autoritarie maschiliste” tanto disprezzate e stigmatizzate. Infatti, da queste donne “di potere” non viene mai agevolato un vero contraddittorio tra le parti al fine di disinnescare le vere cause all’origine della spirale della violenza.
Sfruttare il dolore delle donne per fare carriera è violenza sulle donne.

Donne che, quando si permettono di esprimere opinioni diverse che non siano il solito “belare all’unisono con il Gregge Rosa”, vengono azzannate senza pietà dalle “pecore mannare” che non tollerano che si possa “uscire dal branco” restando impunite.
C’è sempre qualcuno/a che si sente legittimato/a ad importi cosa devi pensare e cosa devi dire, e se non ubbidisci diventi, automaticamente, una “nemica delle donne”.
E questa è la peggiore violenza sulle donne.
Perché è violenza sull’intelligenza delle donne, prima ancora che sul loro corpo.