DONNE SOLE E AVVANTAGGIATE

La famiglia moderna è sicuramente diversa rispetto alla cosiddetta “famiglia tradizionale” degli anni ‘60/‘70/’80 e questo per vari aspetti, in primis l’aumento esponenziale di separazioni e divorzi verificatosi durante l’ultimo decennio.

Nei giorni scorsi riguardavo alcune statistiche e mi sono soffermato ad analizzare un Approfondimento ISTAT del 2005 relativo a Profili e organizzazione dei tempi di vita delle madri sole in Italia. Sarà anche una ricerca datata… tuttavia la fotografia che emerge della famiglia e dei suoi tempi non può che assomigliare – nelle percentuali dei grandi numeri – se confrontata con le dinamiche del passato. Oltretutto, questo rapporto presenta una situazione ancora più grave rispetto a quella di oggi, ovvero antecedente alla legge 2006 sull’affido condiviso.

Le famiglie monogenitoriali” sono sempre esistite anche nei decenni passati; dalle statistiche emergevano sia le ragazze madri che le mogli degli emigrati ma, a svettare, era, in tutto il mondo, il numero di vedove e vedovi. Data però data la tendenza di questi ultimi a risposarsi, il valore statistico era solo temporaneo. Analogamente accadeva per le madri nubili a causa del clima di forte imbarazzo (se non addirittura di “condanna sociale”) che accompagnava – per quei tempi! – la nascita di un figlio se la donna era “sola”.

Oggi la situazione è sotto gli occhi di tutti: la crescente instabilità matrimoniale ha portato radicali cambiamenti nella composizione delle famiglie monogenitoriali e tale mutamento riguarda sia gli uomini che le donne.

Le famiglie monogenitoriali sono, per la maggior parte, sotto la responsabilità della donna soprattutto perché maggiore è la probabilità che, in seguito ad una separazione, i figli siano ABITUALMENTE AFFIDATI DAL GIUDICE alla madre; in caso di genitori non sposati, “ABITUALMENTE” diventa “SEMPRE”. Forse se certi giudici ritenessero anche i padri idonei all’affido dei figli, emetterebbero delle sentenze più eque, applicando davvero il principio della bigenitorialità. Se l’affido fosse alternato, poi, staremmo parlando di numeri completamente diversi.

Inoltre, a differenza di ciò che alcuni media – tramite soggetti esclusivamente di parte – vorrebbero far credere, ovvero che le madri sole con figli piccoli rappresentino la maggioranza delle famiglie monogenitoriali al solo fine di ingenerare un allarmismo ingiustificato creando “a tavolino” un’emergenza sociale dalle cifre platealmente “gonfiate” , c’è da considerare che i nuclei monogenitoriali sono molto variegati anche per età dei figli: sono 297.000 con figli fino a 8 anni e quindi, obbiettivamente, rappresentano la fetta più esigua; 392.000 con figli da 9 a 18 anni; 382.000 con figli da 19 a 26; 936.000 con figli da 27 anni in su. Oltretutto, per quanto riguarda le famiglie di madri sole con figli, solamente il 39.5% del totale sono donne separate e divorziate; il 7.7% sono nubili; il 52,8% sono vedove. Quest’ultimo dato  è spiegabile col fatto che le donne, mediamente, vivono più a lungo degli uomini, ergo è più facile per una donna rimanere vedova… piuttosto che l’inverso.

Per quanto riguarda il lavoro, le madri sole con figli risultano più occupate (63.7%) rispetto a quelle in coppia con figli della stessa età (fino a 26 anni) che risultano occupate solo nel 49,2% dei casi; questo è determinato anche dall’esigenza di garantire un reddito adeguato alla propria famiglia per non dover pesare sulle spalle dell’ex coniuge il quale più di un “tot” di mantenimento non è in grado di sostenere.

Un altro dato significativo è costituito dal part-time: le donne in coppia lo utilizzano nel 67,1% dei casi mentre, per le madri sole, la riduzione di reddito derivante dal part-time non è sostenibile, quindi esse tendono a cercare un lavoro full-time.

Allarmante però è il dato che emerge sulla ricerca di un lavoro: su 406 mila madri sole inattive che non cercano lavoro, 219 mila hanno un figlio di età inferiore ai 26 anni mentre il 15,2% dichiara di non riuscire a trovare lavoro; addirittura il 24.3% dichiara di non cercare lavoro perché NON HA INTERESSE O BISOGNO e la percentuale cresce per le madri sole con figli più grandi (36.4%). Purtroppo queste donne riescono a far fronte alle esigenze familiari esclusivamente grazie ai sussidi di disoccupazione, a varie forme di sostegno al reddito e agli assegni di mantenimento pagati dagli ex partner per loro e per i figli. E’ più che evidente che questa situazione, psicologicamente, non sia di incentivo a cercarsi un’occupazione che consentirebbe il raggiungimento di una sana autonomia economica oltre che di una piena soddisfazione personale.

Il dato che non ci si aspetta, rispetto a ciò che pare emergere da certe cronache e da certi rumors, riguarda l’organizzazione dei tempi della vita quotidiana; infatti le statistiche riportano che le madri sole con figli risultano addirittura AVVANTAGGIATE dall’assenza di un marito / compagno rispetto alle madri in coppia.

L’analisi dei carichi di lavoro familiare conferma che, a parità di situazione rispetto al numero e all’età dei figli e alla condizione occupazionale della madre, le donne in coppia hanno bisogno, mediamente, di almeno un’ora in più al giorno per la gestione della famiglia. Le madri sole con figli fino a 26 anni dedicano al lavoro familiare 5h 12’ contro 6h 44’ delle madri in coppia con figli della stessa età, e questo è dovuto quasi esclusivamente al minore carico di lavoro domestico che ricade sulle madri senza un partner.

Inoltre si registrano forti differenze in termini di tempo lavorativo e tempo libero. Le madri sole, oltre a presentare tassi di occupazione più elevati, dedicano al lavoro retribuito più tempo delle madri in coppia e ciò accade sia in presenza di figli piccoli sia in presenza di figli ormai adulti, ovvero oltre 6h. Nel tempo libero, invece, all’innalzamento dell’età dei figli corrisponde l’aumento del tempo a disposizione: le madri sole dispongono di almeno 1h in più di tempo libero rispetto alle madri in coppia.

In buona sostanza sarebbe auspicabile che separazioni e divorzi fossero vissuti come un modo per rimettersi in gioco visto che, per uscire da certe situazioni, l’unica soluzione per contenere al minimo i danni è quella di darsi precisi obiettivi e sufficienti stimoli per ripartire.

Quindi, se è vero quanto affermato dall’ISTAT (e non ho motivo di dubitarne), credo che dovremmo fare un’accurata riflessione sulle “Famiglie Moderne” tra cui si possono ragionevolmente annoverare anche quei nuclei familiari in cui uno entrambi i componenti hanno avuto una precedente esperienza matrimoniale / convivenza. Una riflessione: probabilmente in questi nuovi nuclei familiari, il tempo che le compagne / mogli dei papà separati dedicano alla  cura della loro famiglia “un po’ particolare”, potrebbe risultare persino maggiore di quello dedicato dalle compagne / mogli delle cosiddette “famiglie tradizionali”, a parità di mansioni.

by CapitanDaddy