25 APRILE – GIORNATA DELLA CONSAPEVOLEZZA DELL’ALIENAZIONE GENITORIALE

Riceviamo e pubblichiamo : a cura del Gruppo di Iniziativa per i Figli e la Famiglia Bigenitoriale – Venezia

ALIENAZIONE GENITORIALE – UN GRAVE TRAUMA PER I FIGLI

L’alienazione genitoriale, denominata anche PAS o PAD, è una delle forme di abuso tra le più gravi. Nei casi di separazione/divorzio o rottura di un legame di coppia, si incontrano sempre più spesso bambini che rifiutano uno dei loro genitori senza una causa apparente, limitandosi ad esprimere dei sentimenti negativi, spesso di ostilità e di odio nei suoi confronti. La sua manifestazione principale, risulta essere la campagna di denigrazione rivolta da un genitore contro l’ex partner, allo scopo di ottenere che il figlio si rifiuti di frequentarlo. Va precisato che il termine “alienante”, riferito al genitore, è da intendersi in un duplice effetto: il genitore alienante aliena (rende estraneo) l’altro genitore al bambino, ma aliena anche il bambino a sé stesso, abusando del suo potere psicologico per distruggere l’immagine dell’altro genitore che il bimbo si è formato nel tempo, per sostituirla ed imporgli la propria. A favorire l’insorgere di questo grave trauma o sostenerne l’involuzione relazionale, possono intervenire anche comportamenti da parte di persone vicine al genitore alienante e/o al figlio, che tramite umiliazioni, esclusioni, denigrazioni, disinteresse, rifiuto rivolto al genitore alienato, offrono il loro contributo distruttivo.

Come si manifesta?
Quando il genitore alienante ostacola costantemente la relazione del figlio con l’ex partner, con il passare del tempo il bambino riceve il messaggio, non detto esplicitamente, ma comunque molto chiaro, che un genitore è superiore all’altro.
I bambini più piccoli sono i più vulnerabili di fronte a questo messaggio, e tendono ad accettarlo senza spirito critico o di contraddizione, facendo proprie le idee e gli affetti del genitore alienante. Un figlio che vive in un’atmosfera di rabbia e di rifiuto finirà per assorbire ed adottare questo contesto. È comprensibile come il suo bisogno di sicurezza, la sua situazione di dipendenza e la paura di perdere anche il genitore che ha uno status privilegiato sull’altro genitore, lo spingano ad identificarsi con quest’ultimo e a schierarsi dalla sua parte. La conseguenza importante è che il genitore alienante forza il bambino a scegliere i suoi genitori, e ciò è in opposizione diretta con il benessere emotivo del bambino. Il figlio traumatizzato si trova a vivere un conflitto di lealtà perché innaturalmente sospinto a dover scegliere se voler bene all’uno o all’altro genitore.

Il bambino ha sempre un ruolo “passivo”?
Quello che differenzia una alienazione genitoriale da un semplice “lavaggio del cervello”, è che il bambino diventa egli stesso protagonista della campagna di denigrazione. Sebbene la manipolazione abbia origine dal genitore, il figlio rappresenta una parte attiva nella campagna di denigrazione che spesso supera i comportamenti e le aspettative del genitore alienante stesso.
Come conseguenza di queste dinamiche i bambini, imparano a manipolare, non solo per ottenere un vantaggio, ma per sopravvivere.
Diventa esperto prima del tempo nel decifrare l’ambiente emotivo in cui vive, immergendosi nelle menzogne, ma è importante sottolineare che resta pur sempre una vittima dell’abuso psicologico a cui è stato sottoposto.

Quali le conseguenze sul figlio?
Gli effetti sulla personalità del bambino sono devastanti e potrebbero avere un serio impatto lungo tutto il percorso della sua vita, per molti esperti pari alla gravità di un abuso sessuale. Il bambino impara a non fidarsi delle proprie percezioni e dei propri sentimenti e dipende, nel bene e nel male, dal genitore che lo programma e lo manipola.
L’alienazione genitoriale è fonte inesauribile di rabbia, angoscia, ansie, malevolenza, ostilità. Senza dimenticare che, nel cuore di un bambino, è sempre presente la speranza che un giorno “tutto torni come prima”, e questo sentimento si imbatte nel senso di colpa per aver “maltrattato” uno dei genitori. Nel 90% dei casi il figlio maschio perde il riferimento maschile, la figlia non ha un esempio di uomo.
Ed un altro fattore viene troppo spesso trascurato: verrà il giorno in cui il bambino cresciuto, svelerà a se stesso la realtà, affronterà l’accaduto formulando, finalmente, una sua immagine dell’alienato. Un’immagine nuova sarà riformulata anche dell’alienante, nella maggior parte dei casi rifiutando quel genitore, restando nuovamente orfani e vittime di un secondo lutto.
Ed ecco un adulto spaventato, impaurito dall’amore, tartassato di sensi di colpa e di senso d’inadeguatezza. I figli diventati adulti, cercheranno di uscire da questo circuito di dolore, ma nella stragrande maggioranza dei casi con atteggiamenti autodistruttivi, autocolpevolizzanti e autolesionisti.

Un dato statistico
Il dato di fatto costante è che, almeno nel 90% dei casi, è la figura del padre che viene ghettizzata, ridicolizzata, vezzeggiata, sminuita, umiliata, con conseguente alienazione.

Luca Bianco

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